Il Rapporto del Censis fotografa un’Italia impaurita e malinconica.

Protagonista negativa è ancora la scuola. Gli alti tassi di abbandono e l’inverno demografico  svuotano le aule.

Soltanto negli ultimi cinque anni, gli alunni sono calati di oltre 400mila unità (403.356 per l’esattezza), passando da 8,6 a 8,2 milioni.

Per il momento, la dinamica demografica negativa si riflette soprattutto sulle scuole dell’infanzia  (-11,5% di iscritti nel quinquennio) e sulla primaria (-8,3%).

Ma sono in calo anche le immatricolazioni nelle università: nell’anno accademico 2021-2022 si è assistito a una contrazione delle iscrizioni del 2,8% rispetto all’anno precedente.

In termini assoluti si tratta di 9.400 studenti in meno circa.

Nel medio-lungo termine, le previsioni sono tutt’altro che favorevoli. Già tra una decina d’anni, infatti, la popolazione tra i 3 e i 18 anni scenderà dagli attuali 8,5 milioni a 7,1 milioni e tra vent’anni, nel 2042, potrebbe ridursi a 6,8 milioni, con una perdita secca di 1,7 milioni di individui rispetto ad oggi.

La scuola italiana, però, non è alle prese soltanto con il calo delle iscrizioni provocato dalle nascite sempre più scarse, ma anche con un tuttora elevato tasso di dispersione.

I giovani tra i 18 e i 24 anni, usciti precocemente dal sistema di istruzione e formazione, si legge  sempre nell’ultimo Rapporto Censis, sono il 12,7% a livello nazionale e il 16,6% nelle regioni del Sud, contro una media europea di dispersione scolastica che si ferma al 9,7%.

Nei Paesi dell’Unione europea la quota di 25-34enni con il diploma è pari all’85,2%, in Italia al 76,8% e scende al 71,2% nel Mezzogiorno. È inferiore alla media europea anche la percentuale di 30-34enni laureati o in possesso di un titolo di studio terziario: il 26,8% in Italia e il 20,7% al Sud, contro una media Ue del 41,6%.

Purtroppo, però, bisogna registrare che l’Italia detiene anche il primato europeo per il numero di Neet, ovvero i giovani che non studiano e non lavorano: il 23,1% dei 15-29enni a fronte di una media Ue del 13,1%. Che nelle regioni del Mezzogiorno sale al 32,2%.

Quando si parla di NEET ci si riferisce a quella fetta di giovani che non studiano, non frequentano corsi di formazione e non lavorano.

NEET, infatti, è l’acronimo inglese di Not in Education, Employement or Training.

(Non [attive] in istruzione, in lavoro o in formazione)

Malinconicamente si possono definire come un gruppo sociale che vive nella rassegnazione, dove il futuro è spento e la demotivazione aumenta esponenzialmente.

Quasi come se le energie vitali implodano e non riescano a trasformarsi neanche in protesta.

Varie ricerche documentano ricadute negative di vario tipo: minori entrate fiscali, costi maggiori per prestazioni sociali, malessere sociale.

In una società, interessata da questo fenomeno, con una scuola e un’università senza studenti, inevitabilmente, viene a mancare anche la coesione sociale.

…e le conseguenze le tocchiamo con mano quotidianamente!

Neet, dispersione scolastica e coesione sociale.
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