Che il lavoro dell’impiegato postale sia una delle cause per cui il servizio offerto dalle Poste in Italia funzioni a dovere, non è possibile certamente dichiararlo con schiettezza. Quando poi si scopre che sono tanti i furti perpetrati all’interno della struttura a danno dei cittadini, la rabbia e lo scontento crescono a dismisura.
Ultima truffa scoperta all’Ufficio dei Colli Aminei di Napoli è quella di un impiegato che, sfruttando le sue mansioni, si procurava le carte di credito spedite ai loro destinatari via posta, e insieme con un complice le clonava.
Le indagini sono partite dalle denunce presentate delle vittime le quali si sono viste recapitare estratti conto per spese negli Usa e nel Sud America mai effettuate, e dopo le denunce di diversi cittadini, vittime della clonazione di carte di credito prima che le stesse, spedite da istituti di credito, fossero consegnate dai servizi postali.
I carabinieri, raccolte le loro testimonianze, sono arrivati ad approfondire cosa succedesse nel centro di smistamento raccomandate “inesitate” dell’ufficio dei Colli Aminei.
Con la collaborazione di Poste Italiane i militari hanno organizzato dei servizi di osservazione, nel corso dei quali, un impiegato è stato visto incontrarsi col complice e consegnargli tre buste. È allora che i due sono stati bloccati e perquisiti: all’interno delle buste c’erano raccomandate assicurate contenenti carte di credito, e il complice aveva con sé 500 euro in contanti.
Si tratta di Vincenzo Lieto, un 61enne impiegato dell’ufficio dei Colli Aminei, e di Vincenzo Somma, un 47enne già noto alle forze dell’ordine, accusati di peculato e possesso di carte di credito di provenienza illecita.
Nel corso delle perquisizioni domiciliari a casa di Vincenzo Somma, i carabinieri hanno rinvenuto e sequestrato un computer collegato a uno “skimmer”, col quale copiava e trasferiva sul pc le bande magnetiche delle carte. C’era anche un block notes con l`elenco di vari numeri di carte di credito affiancati ai nomi dei proprietari.
Arrestati, entrambi sono stati giudicati e condannati con rito direttissimo. L’impiegato a 2 anni e 6 mesi con sospensione condizionale della pena, divieto di dimora a Napoli e 2 anni d’interdizione dai Pubblici Uffici; il complice invece a un anno e 8 mesi di reclusione agli arresti domiciliari.
Questa è una storia che restituisce un po’ di legalità, e che dimostra perché una piccola percentuale di raccomandate si perdono nei meandri degli uffici postali.
Ci siamo mai chiesti come mail le raccomandate di Equitalia arrivano sempre a destinazione, anche se irregolari o incostituzionali?
Non solo a Napoli, di oggi la notizia che la polizia postale coordinata dalla Procura di Roma ha sgominato una banda criminale, composta da alcuni dipendenti infedeli di Poste in Abruzzo e Liguria oltre che a Roma.
650mila euro sottratti ai correntisti di Poste Italiane. Undici le ordinanze di custodia cautelare per truffa e frode. L’operazione ha riguardato diverse province italiane dell’Abruzzo, della Liguria ma soprattutto Roma.
Alcuni dipendenti infedeli, accedendo alle banche dati, individuavano i conti correnti più ‘appetibili’ con maggiore disponibilita economica, poi si impossessavano di copie di documenti d’identita degli ignari titolari e di numerazioni degli assegni in dotazione ma non ancora utilizzati, dirottando consistenti somme di denaro con diverse operazioni fraudolente.
Assegni postali, buoni postali fruttiferi del vecchio tipo e libretti postali a risparmio clonati e riscossi illegalmente. L’organizzazione entrava nel sistema telematico di Poste e sostituiva il numero di telefono lasciato come recapito dal malcapitato correntista con un’altra utenza telefonica attivata con documenti falsi. Lo stesso giorno l’organizzazione monetizzava i vaglia e i buoni reinvestendo le somme con altri prodotti postali o ricariche carte Poste Pay intestati ad ulteriori nominativi e completando in questo modo l’opera di riciclaggio.
L’operazione su vasta scala ha permesso di accertare casi simili anche a Teramo, dove sono arrestate due persone, e a La Spezia, dove in manette è finita una ragazza di 25 anni, accusata di aver utilizzato documenti falsi per aprire un conto corrente presso un Istituto di credito dove depositare un assegno risultato poi essere oggetto di furto.
… e oggi 13 dicembre 2016 la storia si ripete!
Con l’aiuto di 2 dipendenti delle Poste e di 2 dipendenti del Comune di Napoli, clonavano carte di credito con le quali acquistavano costosi smartphone di ultima generazione. La banda, composta da 14 persone, ha fatto acquisti per circa 300mila euro, in tre regioni: Campania, Lazio ed Emilia Romagna. L’organizzazione criminale è stata sgominata oggi dai carabinieri di Napoli che hanno eseguito misure cautelari tra Campania e Lazio. Quattro sono finiti in carcere, 6 ai domiciliari. I dipendenti sono stati invece sospesi.
Gli indagati sono accusati a vario titolo di associazione a deliquere, utilizzo indebito di carte di credito, accesso abusivo a sistemi informatici, peculato, falso, sostituzione di persona e rivelazione del segreto d’ufficio. A eseguire le ordinanze i carabinieri della Compagnia Napoli Centro. L’inchiesta della procura, sezione reati di criminalità economica, è stata avviata nel gennaio 2015 e ha portato a intercettazioni telefoniche e ambientali che hanno consentito di accertare che anche due dipendenti del Comune di Napoli e due società delle Poste italiane erano coinvolti nella clonazione di carte di credito, sottratte durante lo smistamento della spedizione da parte dell’istituto di credito al cliente.
Tramite una nota, il procuratore della Repubblica Giovanni Colangelo e l’aggiunto Fausto Zuccarelli chiariscono che le carte erano poi usate per acquisti fraudolenti, principalmente telefoni cellulari, in diverse regioni italiane, mostrando documenti contraffatti con dati sensibili degli interessati estrapolati negli uffici anagrafe di Palazzo San Giacomo.